Messaggio d’auguri di buon anno agli amici con tessera, a quelli senza e anche ai futuri scissionisti Le idee repubblicane sono immortali e, in quanto idee, tali resteranno di Francesco Nucara Quest’anno ricorre il decimo anno della mia segreteria. Quando nell’ottobre del 2001 il Partito mi ha concesso l’onore di affidarmi la guida dei repubblicani, malgrado le perplessità per un compito che ritenevo impari alle mie possibilità, mi sono cimentato con passione in un lavoro di ricostruzione del tessuto organizzativo, prima ancora che politico. Naturalmente il grandissimo sforzo che abbiamo prodotto non è stato esente da errori. Una prerogativa del repubblicanesimo, inteso come rappresentazione collettiva di un’ideale che affonda le proprie radici nella Storia del nostro Paese, è la condivisione di un’idea che sia l’asse portante delle decisioni. Ci si può dividere su singoli aspetti della politica, sia riguardo alle maggioranze che riguardo alle opposizioni, e talvolta (vedi il problema della laicità dello Stato) si può avere una visione diversa rispetto a tutto il sistema politico dominante. Tuttavia abbiamo tanto rispetto degli organismi di Partito che anche quando le maggioranze "numeriche" andavano in un senso abbiamo avuto rispetto per le idee altrui, tanto da non tener conto dei numeri, facendo prevalere la forza delle idee che alla fine abbiamo condiviso adeguandoci a queste ultime, più che ai numeri che in Consiglio Nazionale ci indirizzavano verso posizioni diverse. Questo modus operandi sarebbe dovuto servire a tenere il Partito unito e a proseguire nella costruzione dell’area liberal-democratica, di cui facciamo parte fin dal 1976 a seguito di una decisione, pur sofferta, dell’allora segretario Ugo La Malfa. Essere liberal-democratici non significa solamente aderire all’ELDR, significa anche e soprattutto svolgere il tentativo di costruirla quest’area, ben consci delle difficoltà cui andiamo incontro. Naturalmente perché questo processo si avvii è necessario, e forse non è sufficiente, rinunciare in via definitiva ad egoismi e personalismi che frenano oggettivamente, al di là delle intenzioni, questo processo, che avviato nell’ottobre del 2007, vogliamo proseguire e perseguire con tutti i mezzi (pur scarsi) di cui possiamo disporre. Come scrive Mario Missiroli nella prefazione alla prima edizione del volume "Polemica Liberale": "La dottrina liberale, rettamente intesa, si risolve, in ultima istanza, in un’arte di governo, che contempla serenamente le antitesi sociali e si affretta a comporle non appena la realtà della vita dimostri la ragionevolezza di qualche esigenza nuova. In questo senso la dottrina liberale è veramente immortale, per il fatto stesso che la società non tollera uno stato di rivoluzione permanente ed escogita soluzioni medie. La vitalità della dottrina è appunto dimostrata dalla facilità con la quale sa prevenire i bruschi mutamenti e contenere le minacciate violenze". Ecco come si spiega l’obbiettivo liberal-democratico. Noi non siamo mai stati liberali nel senso classico, per cui il profitto rimane lo scopo principale e il mercato è il solo elemento regolatore. Se così fosse avremmo tradito tutta una storia, da Mazzini ad Ugo La Malfa. Già nel saluto di fine anno 2009 avevo scritto che le liberalizzazioni "non possono essere il viatico verso un mercatismo selvaggio, a discapito delle classi più deboli e con la fine delle pari opportunità per tutti". Confermiamo questo concetto e ci approntiamo a trasferirlo nella società italiana come repubblicani, ben sapendo che la società italiana è complessa più di quanto si pensi e che quindi abbisogna di soluzioni diversificate sul territorio. Sul percorso politico più recente abbiamo avuto molte critiche, giuste quand’anche strumentali, ma anche moltissime adesioni alle nostre proposte e al nostro comportamento. Le critiche ci aiutano a meglio capire la realtà repubblicana, regionalmente così poco uniforme. Tuttavia mi preme precisare che mai, ripeto mai, ho preso iniziative personali, se non contingenti, e comunque riservandomi sempre di sottoporre al giudizio della Direzione Nazionale le iniziative intraprese. Per un repubblicano le critiche sono un aiuto a comprendere meglio la situazione politicamente tanto variegata del Partito e a porvi rimedio, oppure contestare con ragionamenti e non con apodittiche, quanto inutili, condanne senza remissione di giudizio. Nel dialetto di alcune regioni del Mezzogiorno non esiste la coniugazione dei verbi al futuro. E’ ora invece che nel Partito Repubblicano si parli al futuro. Un futuro che non può essere solo finta accondiscendenza alle classi giovanili. Dobbiamo invece parlare ai giovani e ai meno giovani non solo di quello che siamo stati ma di ciò che vorremmo ancora essere. Per realizzare questo processo abbiamo bisogno di idee innovative, che dobbiamo proporre alla società italiana con il senso dell’apostolato laico, senza rinchiuderci nelle torri eburnee di circoli intellettuali, o tali sedicenti. Siamo fermamente convinti che il Partito può ancora avere un futuro se si rimane uniti, e perché questo avvenga ci devono essere dibattiti costruttivi, che portino a serene decisioni della maggioranza, alle quali, altrettanto serenamente, adeguarsi. Siamo stati criticati anche per non aver convocato Consigli Nazionali e per aver più volte rinviato il Congresso Nazionale. Ci tengo a ricordare che tutte le decisioni sono state prese sempre all’unanimità dagli organismi preposti e titolati ad assumere tali decisioni. Anche il Congresso a tesi, dopo qualche perplessità, è stato votato all’unanimità, presenti i due parlamentari. Non si capiscono quindi le critiche a questa innovazione congressuale. La scelta unanime era stata decisa per allargare la platea congressuale anche a coloro che, pur condividendo alcuni aspetti programmatici repubblicani, non sono iscritti al PRI. Pur di tenere il Partito unito e partecipe abbiamo modificato lo Statuto, consentendo, giustamente, l’ingresso degli oppositori all’attuale segreteria negli organismi nazionali. Per lo stesso motivo abbiamo concesso deroghe, contro il parere dei novelli oppositori, a chi sul piano locale aveva assunto posizioni di contrasto con la posizione politica determinata dal Congresso di Roma del 2007. Molto e di più avremmo da scrivere per delineare il bilancio di quasi dieci anni di segreteria. Non riteniamo questo il momento e soprattutto il luogo per trarre soluzioni. Sarà la relazione sul Partito, che svolgerò a porte chiuse al Congresso a cui gli aventi diritto potranno non solo partecipare, ovviamente, ma potranno anche intervenire sulle tante verità che ascolteranno. Come sottolineava Mazzini nel ricordo "A Daniele Manin": "Forte e sereno con voi, trovaste vigore novello per gridare al paese: la nazione salvi la nazione: noi abbiamo offerto alla monarchia di guidarci e la monarchia paurosa e impotente, ricusa". Buon 2011 ai nostri lettori, ai repubblicani con la tessera e a quelli senza e, perché no, anche ai futuri scissionisti. Buon anno in particolare all’Italia nel centocinquantenario della sua Unità. |